Chi non conosce i Pokémon? Adorabili animaletti dai nomi impronunciabili che si trasformano in terribili combattenti con abilità improbabili. Dall'alto dei miei quarant'anni di appassionato di fumetti ho sempre torvato detestabili i Pokémon. Eppure molti bambini li adorano e riescono a riconoscerli e pronunciare i loro nomi sebbene siano una moltitudine.
Nei negozi di giocattoli, sull'onda del successo del cartone animato, spuntano ovunque confezioni con questi esserini multicolori dalle forme affusolate. I miei bambini, come tutti i bambini, appena li hanno visti nel negozio di giocattoli hanno iniziato le loro litanie. Avrei potuto resitere, fare discorsi sui giochi educativi, proporre giochi più interessanti e poi dopo comprarli lo stesso. Ho deciso di non soffrire: li ho comprati subito.
No, non mi sono arreso. Il mio piano di genitore illuminato prevedeva la dimostrazione della inutilità dei Pokémon. Ho atteso nell'ombra che l'entusiasmo iniziale scemasse. E ho atteso. Mentre attendevo pensavo ai giochi che hanno accompagnato la mia infanzia: le biglie, la trottola, giochi con la palla, con le figurine. Quasi tutti prevedevano abilità di movimento, l'attività verbale e di fantasia serviva solo a risolvere gli inevitabili conflitti. Con i Pokémon invece, data la pochezza del giocattolo (un pezzo di plastica colorato) il gioco è un esercizio di memoria , linguistico e teatrale. Niente a che vedere con la dinamismo dei cartoni animati dove i Pokémon volano, saltano e sparano l'immaginabile e l'inimmaginabile.
A questo punto il genitore illuminato ravveduto ha deciso di non combattere contro i Pokémon ma di renderli più completi: attaccandoli sopra delle trottole. Il gioco ora prevede anche un poco di movimento e coordinazione, un poco meno di fantasia e più fisica terrestre.
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